"Ecco guarda!" gridò un babbo al suo figlioletto "l'Imperatore sta arrivando"
"Qual è babbo?" "Quello che ha addosso quei vestiti meravigliosi!"
"Ma non ha nessun vestito addosso, babbo. Guarda come sta tremando. Perchè non ha gli abiti addosso?" La gente vicina a lui, che aveva ascoltato, cominciò a fissarlo.
"Scusatelo, è troppo piccolo per sapere" si scusava il padre.
"E' troppo giovane per essere ingannato, vuoi dire" disse la madre. "L'Imperatore è nudo come un verme. Qualcuno l'ha preso in giro. E ha preso in giro anche noi!"
(H.C.Andersen, I vestiti nuovi dell'Imperatore da "I Racconta Storie" n.1)
Mai come in questo lungo periodo di restrizioni e mancanza di libertà molti di noi, ne sono convinta, si sono trovati a riflettere sulla follia della vita che stavamo conducendo prima e sulla stolta inutilità del superfluo. La frenesia del correre a tutti i costi verso mete eternamente in divenire, scadenze assurdamente da rispettare per potersi ben posizionare in una catena lavorativa e sociale ben oleata, giornate da riempire senza respiro in ogni loro parte per non sentirsi in colpa verso il conoscente più produttivo o il giardino del vicino più verde.
Stamattina mi sono svegliata chiedendomi quando mai, nei secoli, sia morta l'importanza che gli antichi romani attribuivano all'otium. E mentre dalla finestra della mia camera entravano, in ordine, il fastidioso rumore di una sega circolare, le urla dei vicini e il rimbombo delle casse di un'autoradio "parcheggiata" sotto la casa accanto, ho smesso d'improvviso d'essere accomodante, di pensare che tutto sommato siano naturali segni di una vita che ricomincia e che sia bello poter tornare alla normalità. Basta raccontarci storie! Che aldilà della malattia, della paura, del dolore delle perdite e il totale rispetto per chi ha davvero sofferto e per chi si è sacrificato (e continua a farlo) per curare e preservare la salute di tutti, non c'è niente di bello nella vecchia normalità! Almeno per me.
Quindi ho deciso di mettere nero su bianco la mia totale incapacità a vedere preziosi tessuti, bei colori e meravigliosi disegni. Anche fossi l'unica.
Mi piaceva il silenzio, che aiutava quello dei miei pensieri, la calma e la lentezza senza sensi di colpa, il camminare senza avere forzatamente una meta. Mi piaceva la nudità dell'essenziale. E rimango convinta che sia davvero difficile, e probabilmente del tutto sbagliato, tornare alla "normalità", soprattutto se questo significherà doversi "rivestire".
***
Gli gnudi, piatto a base di spinaci e ricotta tipico della tradizione toscana, non sono propriamente degli gnocchi, a cui forse possono assomigliare per forma e cottura, ma non per consistenza, e potrebbero essere descritti come il ripieno dei ravioli, senza il vestito di sfoglia all'uovo...una specie di minimale, morbida e saporita sintesi di un "raviolo nudo".
Ingredienti (per 4 persone):
- 500 gr di spinaci freschi (ma anche surgelati)
- 350 gr di ricotta di pecora
- 100 gr di parmigiano grattugiato
- 50 gr di farina
- 1 uovo
- 1 spicchio d'aglio
- sale
- pepe
- noce moscata
- olio evo
- burro
- mandorle
- salvia e timo freschi
Cuocete gli spinaci in una padella coperta con uno spicchio d'aglio e un pizzico di sale, per pochi minuti, fino a che saranno morbidi. Quindi metteteli a scolare in un colino per eliminare l'acqua in eccesso strizzandoli leggermente con un cucchiaio e tagliateli finemente al coltello. In una ciotola uniteli alla ricotta ben lavorata al cucchiaio (fate scolare anche quella se fosse molto acquosa), unite l'uovo, il parmigiano, la farina, sale, pepe e della noce moscata. Mescolate fino a ottenere un bel composto amalgamato. A parte, mentre avrete messo a scaldare l'acqua per cuocere gli gnudi, nella padella di cottura degli spinaci mettete a scaldare un filo d'olio, del burro e delle foglie di salvia e timo. Appena l'acqua inizierà a bollire, abbassate il fuoco, in modo che il bollore non sia troppo violento, e con l'aiuto di due cucchiai create degli gnocchi tipo quenelle passando un po' di impasto da un cucchiaio all'altro ruotandoli tra loro (potete anche formarli tondi a polpettine con le mani leggermente umide), infine fate cadere delicatamente ogni gnudo nell'acqua. Cuocetene pochi per volta e scolateli dall'acqua appena saliranno in superficie, tuffandoli nella padella del burro. Proseguite fino a che avrete finito l'impasto, quindi fateli rosolare leggermente nel burro e erbe. Serviteli caldi con della granella di mandorle tritate al coltello e una ulteriore grattugiata di parmigiano.
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