Lungo il perimetro est del giardino di famiglia, oltre l'ombra di una grande magnolia, che probabilmente ha tanti anni quanti la casa stessa, si trovano degli alberi da frutto: un vecchio albicocco, nato per caso da un nocciolo, tutto storto, nodoso e mai calmierato; un melograno, perchè si dice che porti fortuna averne uno in ciascuna nuova casa; e un tenace azzeruolo*.
Ma il poverello ha dovuto superare non poche insidie negli anni.
Prima di tutto vedersi tranciate di netto le innumerevoli spine che, diciamocelo, saranno pur la sua unica protezione, ma io di spine tanto lunghe e dure da poter accecare qualsiasi buon cristiano si fosse trovato a passare distrattamente in direzione dei suoi rami, non le ho mai viste. Per fortuna sua crescendo le "amichette" assassine hanno superato l'altezza cranio di bambino. Poi venir costantemente assalito da una pianta di rampicanti, che costeggia le sue radici, come nemmeno Cita su un banano. Quindi raccogliere le antipatie di tutta la famiglia quando decide ogni anno tra luglio e agosto di riempirsi di fruttini rossi, che hanno la sadica abitudine di suicidarsi per settimane sul prato. Un lavorone raccoglierli tutti!
Certo lasciare che buona parte diventino concime per lo stesso prato non è esattamente la strada giusta e men che meno raccoglierli uno a uno destreggiandosi tra le difese spinose di cui sopra.
Così il castigo infertogli negli ultimi anni è stato shakerarlo come non ci fosse un domani e tentare di raccogliere i frutti lasciandoli cadere su un grande telo disteso tutto intorno come si fa spesso con le olive. Peccato non sia un ulivo.
A quel punto si pone sempre il problema di cosa fare con tutto il raccolto? Posto che il loro gusto e consistenza da meletta estremamente farinosa piace a ben pochi in famiglia, se inizialmente poteva esser quasi divertente tramutarli in marmellata, mia madre e altri dopo di lei, si sono ahimè accorti che gran c...fatica sia avere a che fare con un fruttino che ha più semi che polpa. Vengono quindi regalati a vicini, amici, parenti e cornacchie che becchettano in giardino e, l'ultima dell'estate, annegati pure nell'alcool. Niente: la cassetta non si svuota mai, come la borsa di Mary Poppins.
A questo punto un mesetto fa ho avuto pietà di alcuni reduci e, complici le sfide quotidiane proposte dal Calendario del Cibo Italiano, li ho tramutati in un buon ripieno di piccole crostatine.
Nella Giornata dei frutti Antichi, oggi 23 settembre 2017, celebro ogni albero non sia propriamente tra i più comuni e diffusi, ogni frutto scartato dalla grande distribuzione e per questo un po' dimenticato, ma più di tutti celebro quella testa dura dell'azzeruolo del giardino, che nonostante le insidie, le antipatie e i rimproveri, ha piantato le sue radici così profondamente, da esser quasi parte della nostra famiglia.
*L'azzeruolo (Crataegus azarolus), che dalle mie parti è conosciuto come pometto lazzarino, è una pianta da frutto della famiglia delle Rosaceae ed è una pianta longeva che può diventare addirittura centenaria, anche se rimane di piccole dimensioni (3-5 metri massimo) per la crescita lenta. .
Le foglie, caduche di un verde brillante, sono di forma ovale e cuneiforme, i fiori sono bianchi e sbocciano tra aprile e maggio. Il frutto varia da 1 a 2-3 cm di diametro ed è di color rosso amaranto, bianco o giallo alla maturazione, a seconda delle tipologie, e contiene una polpa dal sapore agrodolce con tre piccoli semi al suo interno. La maturazione si conclude a settembre.
Ingredienti:
brisè:
- 400 gr di farina (QB Miracolo - farina 1 di grani antichi)
- 200 gr di burro
- 100 gr di zucchero di canna
- pizzico di sale
- acqua fredda q.b.
ripieno:
- 500 gr di azzeruoli puliti
- 50 gr di mandorle
- 4-5 cucchiai di miele
- succo di mezzo limone
- miele e zucchero di canna per superficie
Preparate la brisè zuccherata unendo in una ciotola farina, zucchero e un pizzico di sale. Aggiungete il burro, possibilmente freddo, a pezzetti. Lavorate bene con le mani, ma non fate scaldare troppo il burro, aggiungendo acqua fredda un poco per volta fino a formare un panetto compatto. Riponete la pasta in frigorifero con la pellicola per almeno 30 min. Lavate e asciugate i frutti, tagliateli togliendo i semi e la barbetta finale e riponeteli in una ciotola con il succo di mezzo limone per non farli annerire. Aggiungete le mandorle tritate a farina e il miele e mescolate. Stendete la brisè creando con un coppapasta il fondo per rivestire gli stampini, riempite con il ripieno abbondante e coprite con un altro disco di pasta che farete ben aderire ai bordi, creando poi un piccolo camino per far fuoriuscire l'eccesso di vapore dall'interno in cottura. Spennellate la superficie delle tortine con del miele e spolverate con dello zucchero che caramellerà in cottura.
Sai che non conoscevo gli azzeruoli non credo di varli mai visti, in questo sta il bello della condivisione l'accrescimento della conoscenza. Queste tortine hanno un aspetto delizioso ma ora mi è rimasta la curiosa voglia di un assaggio...
RispondiEliminaContenta di averti incuriosito...questa giornata è stata molto interessante proprio per i frutti sconosciuti che ha proposto
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