sabato 9 giugno 2018

Pastéis de nata







































Si insistes en saber, lo que es saudade 
Tendrás que antes de todo, conocer, sentir lo que es querer 
Lo que es ternura 
Tener por siempre un puro amor, vivir 
Después comprenderás lo que es saudade 
Después que hayas perdido aquel amor 
Saudade es soledad, melancolía 
Es lejanía, es recordar, sufrir 
(M. Palmério, Saudade)


Sette colline, un castello sul fianco che osserva tutto dall'alto, un continuo saliscendi dove, sulla calçada portuguesa bianca e nera,  sfrecciano gialli tram tra bouganville in fiore e alberi viola e centinaia di case e casette dalle facciate colorate, piastrellate, sgangherate, e un fiume che sembra mare, che si allarga sotto due ponti, si estende, si fonde e si confonde, fino a diventarlo. 
Se ogni città ha probabilmente il suo profumo, Lisbona odora di sardine arrosto e di griglie calde domenicali ai lati delle vecchie strade. Di botteghe d'altri tempi che ancora avvolgono scatolette di latta con la carta marrone, di pigra rinascita, di musica e saudade che dà il ritmo anche al suo parlato.
Ed è là, tra le alte architetture merlettate e monumenti che narrano di epiche scoperte e si protendono sull'oceano, che ho dato un dolce morso a un altro, seppur piccolo, monumento della città. 
I pastéis de nata (o pastéis de Belém dal luogo che ne vanta l'origine) sono delle dolci tartellette ripiene di crema racchiusa in un sottile e croccante guscio di sfoglia. Si narra che sia grazie a dei monaci reinventati pasticceri, con buona pace di San Girolamo, dopo la chiusura del loro monastero agli inizi dell'800, se da una raffineria di zucchero lì vicina videro la luce queste delizie. A questo punto oltre ogni calorico peccato.
Di questo viaggio potrei ricordare una corsa a perdifiato e la ricerca infinita del giusto tram, l'aglio delle olive servite alle 22, il freddo assurdo dell'aria lungo il Tago, la stanchezza dei 32 mila passi quotidiani, l'antipatia dei camerieri della pasteleria più famosa e l'abbandono del tutto imprevisto della mia macchinetta fotografica. 
Ma mi piace pensare che la fotocamera del mio nuovissimo smartphone ("che culo" usando un francesismo) ha sopperito meglio del previsto la mia defunta Nikon, che la lentezza dei conducenti dei tram e le loro indicazioni impietosite verso la fermata in lontananza, mi ha salvato almeno un paio di volte, che quelle olive non erano per niente male se poi servite da un polacco che parlava italiano (e decine di altre lingue che "google translate scansati") quasi meglio di me, che sono tornata con 100 mila passi di esperienze in più nel mio cammino e... fanculo ai camerieri, appena affondati i denti in quella crema!



Ingredienti (per 8 pasteis circa):
  • 1 confezione di pasta sfoglia
  • 250 ml di panna fresca
  • 100 gr di zucchero
  • 4 tuorli
  • 1/2 cucchiaio di amido di mais (o fecola o farina)
  • la buccia di un limone bio
  • 1/2 bacca di vaniglia
  • 1 pezzo di cannella in stecca
  • burro per ungere
  • cannella in polvere o zucchero a velo a piacere
Scaldate fino a ebollizione la panna con un pezzo di buccia di limone, uno di stecca di cannella e mezza bacca di vaniglia incisa, quindi spegnete e togliete gli aromi. Sbattete bene i tuorli con lo zucchero e mezzo cucchiaio di amido e aggiungete a filo la panna intiepidita. una volta amalgamato il tutto rimettete a cuocere a fuoco dolce sempre mescolando fino a quando la crema si sarà raddensata. 
Distendete la pasta sfoglia, dividetela a metà per il lungo e sovrapponete le due parti senza schiacciarle. Arrotolatele in modo da ottenere un cilindro che taglierete in 8 fette. Ungete degli stampi con un po' di burro, appiattite ogni fetta allargandola per creare il guscio per foderare ogni stampo. Riempite ogni guscio con la crema (dovrebbe arrivare a 3/4 del bordo) e fate cuocere in forno a 210°-220° per 10-15 min, fino a vedere i bordi dorati e la superficie della crema leggermente caramellata (a questo proposito potete usare il grill per pochissimo per la coloritura finale). Servite a temperatura ambiente o leggermente tiepidi con una buona spolverata di cannella (o zucchero a velo se preferite). 



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