"Centinaia di migliaia di odori
sembravano non valere più nulla di fronte a quest'unico odore.
Questo solo era il principio superiore
secondo il quale si dovevano classificare gli altri profumi.
Era pura bellezza."
(Patrick Suskind, Il Profumo)
Profumo, che ti colpisce nell'aria calda, intenso e aromatico, decisamente sfacciato a volte.
Ronzio di api, sempre più insistente, che ti circonda fino a risultare un suono unico e continuo, fino a sentire il movimento degli svolazzamenti incessanti.
Ho imparato che un campo di lavanda si vede prima con le narici e con le orecchie, che con gli occhi. Ne si percepisce prima l'odore e il rumore, che il colore.
Lo senti anche a molta distanza, poi apri gli occhi o giri la testa o guardi oltre un muro, ed eccolo lì: un'immensa distesa viola, che non sai più dove finiscono i cespugli e comincia il colore del cielo.
Chilometri e chilometri di "oro blu", come amano definirla i francesi, che si stendono all'orizzonte.
L'ho fatto, ho preparato la valigia, ciò che mi riesce meglio, e ho esaudito quel desiderio.
Dopo anni di "prima o poi", finalmente è stato "ora".
Una manciata di giorni nel profumato Luberon, la Provenza che sognavo da anni.
Gole piene di sole e altopiani verdeggianti di vigne e mediterraneo. Una valle segreta, rossa come l'ocra di Roussillon, grigia come le pietre di Sénanque, azzurra come le sorgenti della Sorgue, dorata come il miele di operose api. E color lavanda come le interminabili coltivazioni di Sault.
A Gordes, poco prima dei grandi raccolti e feste di metà luglio, in una deliziosa maison d'hotes e il suo tranquillo giardino, in cui sorseggiare una tazza di caffè, guardare il sole scendere sulle spighe davanti al patio, scoprire piccole panchine solitarie nascoste fra gli ulivi, ho messo una nuova spunta sulla mia lista dei desideri.
Forse la felicità ha il profumo e il colore della lavanda.